Se c’è rottura irreversibile tra lei e lei, le rispettive precarie condizioni escludono l’ipotesi del mantenimento

Il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti

Se c’è rottura irreversibile tra lei e lei, le rispettive precarie condizioni escludono l’ipotesi del mantenimento

Unione civile scoppiata: niente mantenimento se una è invalida civile e l’altra è priva di redditi. Decisivo per i giudici (ordinanza numero 24930 del 17 settembre 2024 della Cassazione) l’esito della comparazione delle precarie condizioni delle due donne. Dura cinque anni – senza contare il periodo della precedente convivenza – il legame tra le due donne – Maria e Sara, nomi di fantasia –, legame ufficializzato grazie all’unione civile. Una volta avvenuta la rottura definitiva, però, Maria chiede e ottiene in Tribunale un piccolo mantenimento – 100 euro al mese – dalla ex partner. E in Appello punta addirittura a vedere aumentata la cifra stabilita in Tribunale, ma, invece, viene accolta l’istanza presentata da Sara, istanza mirata ad ottenere la revoca dell’obbligo posto a suo carico. In particolare, i giudici di secondo grado prendono in esame gli elementi addotti da Maria a sostegno della richiesta di assegno, e osservano che la malattia, cioè una patologia depressiva da lei dedotta non è decisiva, soprattutto perché non è stata provata la sua inabilità al lavoro, essendo stato accertato, da parte sua, lo svolgimento di attività lavorativa durante l’unione civile, occupazione che poi aveva lasciato volontariamente per non perdere la pensione di invalidità». Per completare il quadro, poi, i giudici di secondo grado sottolineano che Sara è rimasta priva di redditi al momento della decisione di primo grado, pur avendo svolto in precedenza attività lavorativa, e che ella è gravata da una serie di debiti, contratti nel corso dell’unione civile». Tirando le somme, la sostanziale e quasi totale assenza di redditi di entrambe le donne non consente di porre obblighi di sostegno economico a carico di Sara

Inutile si rivela il ricorso proposto in Cassazione dal legale che rappresenta Maria. Privo di valore, secondo i magistrati, il riferimento alle vicende familiari, precedenti all’unione civile, della donna, ossia il suo pregresso matrimonio eterosessuale, caratterizzato dalla nascita di tre figlie e la sua decisione di trasferirsi a vivere con una figlia presso la oramai ex compagna, con cui aveva iniziato la nuova relazione, regolata, poi, con l’unione civile. E irrilevante, sempre secondo i giudici, anche il passaggio relativo alla condizione di invalida civile di Maria. Ciò che conta, invece, chiariscono i magistrati, è la mancanza di prove in merito alla posizione di Sara come soggetto più forte economicamente all’interno della oramai ex coppia. Per spazzare via ogni dubbio, infine, i magistrati di Cassazione ribadiscono che in caso di unioni civili, il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex partner, assegno cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex partner che ha chiesto l’assegno, e dell’impossibilità, per ragioni oggettive, per lei di procurarseli. Di conseguenza, il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti.

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